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FRED PERRY
Prima di Fred Perry, l'Inghilterra del tennis aveva vissuto un solo periodo d'oro, fra il 1897 e il 1906, quando dominarono la scena i fratelli Reginald e Laurie Doherty. Poi, se si eccettua il lampo del 1912, anno in cui Gran Bretagna e Irlanda si aggiudicarono la Coppa Davis, si dovette attendere oltre vent'anni perché il tennis inglese offrisse al mondo un nuovo campione. E fu, appunto, Fred Perry, che però di inglese, sia per il fisico possente che per il carattere estroverso, aveva ben poco; cosa di cui Fred si dispiaceva, tanto da assumere l'abitudine, tipicamente inglese, di tenere in bocca una pipa spenta e di ordinare al club un gin and tonic senza che di gin vi fosse l'ombra nel bicchiere, oltre a scegliere di dedicarsi inizialmente a due sport tipicamente britannici come il cricket e il football, anche se fu il ping pong a dargli le prime soddisfazioni, tanto da affermarsi nei mondiali del 1929.
Nato a Stockport, una cittadina di poco più di 100mila abitanti a sud di Manchester, Fred era figlio di un artigiano impegnato come sindacalista, tanto da trasferirsi a Earling per rappresentare i laburisti in Parlamento. Alla scuola pubblica il giovane Perry imparò il cricket e il football, poi si avvicinò al ping pong. Il suo iniziale approccio al tennis, invece, non fu positivo dato che tutti lo battevano. Eppure Perry si intestardì, soprattutto dopo che, si dice, chiedendo a suo padre di chi fossero le belle auto allineate lungo il Devonshire Park, a Eastburne, gli fu risposto "dei tennisti". In realtà, Perry doveva scoprire di essere naturalmente predisposto per il tennis, solo che gli mancava quel qualcosa in più che distingue i campioni. Determinanti furono i consigli di un allenatore dilettante, Pops Summer, che lo indusse a trasferire sul campo da tennis la tecnica pongistica per eseguire il diritto: gli insegnò a colpire la palla con un anticipo esasperato e a completare il movimento con una torsione del polso tale da consentire alla palla di abbassarsi appena passata la rete...una sorta di top-spin ante litteram, eseguito inoltre sempre in corsa, in modo da ottenere la maggior forza possibile ed impostare così una tattica aggressiva. Perry vi si dedicò con costanza, finché il suo diritto divenne un'arma micidiale. Il rovescio, invece, era piuttosto debole, ma paradossalmente furono i suoi avversari ad aiutarlo a migliorare questo colpo, attaccandolo sempre sul rovescio per evitare il suo imprendibile diritto.
Allora il padre si convinse a farlo ritirare dagli studi, dandogli un anno di tempo per sfondare. Il primo viaggio negli Usa gli fruttò il secondo posto nel doppio, poi vinse il suo primo grande torneo, nel 1931, il Campionato d'Argentina, e venne ammesso nella giovane squadra di Davis che fece tremare la Francia dei Moschettieri; solo nel 1931, però, finalmente gli inglesi riuscirono a portare a casa l'insalatiera, tenendola ben salda fino al 1936. In Davis Perry vinse ben 42 dei 52 incontri disputati.
Fu nel 1933, in particolare, che Perry si impose all'attenzione mondiale, quando vinse il suo primo torneo del Grande Slam in America. Nel'34 Perry si aggiudicò gli Open d'Australia e vinse anche a Wimbledon: sui campi in erba dell'All England Tennis and Croquet Club - il terreno naturale per valorizzare appieno la rapidità del suo gioco - Perry vnse per tre anni consecutivi, dal'34 al '36. Nel'35, invece, portò a casa i trofei dei campionati di Francia e degli Stati Uniti.
Fortissimo atleticamente, molto veloce, Perry era in grado di giocare l'ultima palla del match con la stessa lucidità della prima.
Nel 1935 prese moglie, sposando la bellisima attrice Helen Vinson, la prima delle tre della sua movimentata vita sentimentale.
Il 1936 fu l'anno del passaggio al professionismo. Nonostante la fama, gli onori e le vittorie, Perry non era ancora diventato ricco come sperava ed accettò la proposta avanzatagli da Tilden, prendendo anche la cittadinanza americana. E alla fine il figlio dell'artigiano inglese divenne veramente ricco, con l'affermazione della casa di produzione delle sue celebri magliette contraddistinte dalla famosa coroncina d'alloro, dirette concorrenti del coccodrillo Lacoste. Ma Perry fu anche giornalista e commenatatore sportivo per la radio e la televisione.
È scomparso nel 1995, in seguito ai postumi di una caduta verificatasi a Melbourne, dove si era recato per seguire gli Open d'Australia.
FRED PERRY

VALENTINO TARONI
Fino alla metà degli anni trenta tutti i campioni italiani erano stati aristocratici o alto borghesi. Valentino Taroni, invece, nato nel 1915 a Carate Urio, in provincia di Como, un paese di pescatori-contadini e operai sulla riva sinistra del lago, fu uno dei primi della categoria dei raccattapalle.
Il suo ingresso al Tennis Como si dovette allo zio Luigi Maggi, che ne era il custode. E nel club di Villa Olmo il piccolo Taroni, come a quel tempo tanti altri figli di gente umile, raccoglieva le palle per offrirle ai campioni durante i tornei importanti e, spesso, quando i campi erano liberi, ne approfittava per giocare con qualche palla logora e una delle vecchie racchette che qualche socio gli aveva regalato. Ben presto, però, Valentino dimostrò un certo talento, tanto che, dopo poco tempo, uno dei soci - un certo Pirovano - prese ad interessarsi a lui, preoccupandosi addirittura di procurargli vestiti e scarpe adeguate.
Nel 1933 da seconda categoria, vinse a Montecarlo la Coppa Macomber. Lo stesso anno esordì in Coppa Davis contro l'Austria nella squadra di Giorgio De Stefani, Uberto de Morpugo e Augusto Rado: complessivamente prese parte alla Coppa davis 16 volte, dal 1933 al 1939, giocando in doppio insieme con Rado, Emanuele Sertorio, Gianni Cucelli e soprattutto Ferruccio Quintavalle, con il quale formò negli anni una coppia affiatatissima, capace di conquistare il titolo italiano per ben quattro volte (1933-1935-1936-1937). In singolare vinse lo scudetto nel 1937, interrompendo i successi quinquennali di Giovannino Palmieri.
Terminata la guerra, Taroni si trasferì a Napoli, soprattutto per il clima più mite che la città poteva offrirgli. E all'ombra del Vesuvio, in qualità di maestro, allenò generazioni di giovani napoletani, come poi, fino alla soglia degli ottant'anni, a Fai della Paganella, la scuola che lui stesso fondò.
Taroni amava il tennis. Neanche i by pass lo allontanarono dall'allenamento, tant'è vero che lo si vide in campo, sempre elegantissimo, insieme ai più piccini, fino alla morte, avvenuta a Milano nel maggio del 1997.
VALENTINO TARONI

BOBBY RIGGS
Bobby Riggs nacque a Los Angeles nel 1918. Iniziò a giocare a tennis a 12 anni e subito si dimostrò uno dei giocatori più promettenti del suo paese. Nel 1939, infatti, avrebbe vinto a Wimbledon i titoli di singolare, doppio e doppio misto, classificandosi, quell'anno, numero 1 del mondo.
Era la prima volta che Bobby prendeva parte al torneo. L'anno precedente la U.S.T.A., che non lo amava molto, gli negò la partecipazione perché era "soltanto" il numero 2; ma l'anno seguente, potendosi il giocatore fregiare del titolo di numero 1, fu costretta finalmente a mandarlo a Wimbledon, dove Riggs realizzò un'impresa riuscita a pochissimi.
In quell'occasione Bobby Riggs, che era un grande scommettitore, cercò di ottenere dai bookmaker la quota per uno che vincesse i tre titoli, singolare, doppio e doppio misto; non ne trovò nessuno, ma non si diede per vinto e puntò tutto quello che aveva in tasca - poco per la verità - sulla sua vittoria in singolare quattro contro uno. E vinse, torneo e scommessa.
Nel 1941 Riggs conquistò gli Us Open, ma la guerra impedì che si assistesse ad anni di grandissimo tennis, quello di Bobby, di Budge e di Kramer.
Dopo anni di oblio, Riggs tornò clamorosamente alla ribalta nel 1973, quando a 55 anni sfidò la prima giocatrice del mondo Billie Jean King, nota femminista, in un match passato alla storia come la Battaglia dei Sessi e che si svolse all'Astrodome di Houston davanti ad un pubblico record di 30.472 spettatori. Ma perse; fu infatti battuto dalla King in tre set consecutivi.
Riggs si è spento nel 1995 in California, lasciando due mogli, cinque figli e tre nipoti.
BOBBY RIGGS

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